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Aspettava un appuntamento ricorrente Lo aspettava Come si aspetta un’oasi nel deserto Come un punto di ripartenza Dove fermarsi Per ritrovare un senso alle cose Credeva fosse ricorrente Era capitato due volte Era diventato ricorrente… nella sua mente Nella sua sola mente E in quel cuore che stentava a battere Aspettava con aria idiota Lo sguardo fisso altrove Tra loro un muro Immaginò nei suoi occhi la disperazione di non poterlo abbattere Forse era solo il riflesso dei propri Impossibile avvicinarsi Senza distruggere ogni equilibrio Senza distruggere la propria vita E la sua E quella di tutti quelli intorno a loro La sfiorava con lo sguardo L’accarezzava col sorriso L’abbracciava con la voce Cosa c’era di sbagliato in quel desiderio? Perché era nato? Come lo poteva negare? Se voleva ancora trovare un po’ di serenità doveva mettere fine a tutto Non doveva coltivarlo Pensarci Ancora La lasciò andare E si accasciò nei suoi pensieri
Mi interessa la luce L’accarezzo e m’accarezza Mi lascio cullare dal suo colore Che non è un colore Perché è il colore di chi incontra È il bianco della casa di legno il marrone del tetto Il verde dell’albero che le sta di fronte Il giallo di grano che al vento si inclina Dà loro vita A loro si adatta Ne scopre la forma Il contorno Il confine Ecco, ogni pezzo a sè Distinto Separato Solo Entra indifferente Di finestra in finestra Su cristallizzati corpi Che guardano assenti Nella solitudine d’una stanza d’albergo Nella routine di un ufficio e del suo ordinato schedario Nella apatia di un dopocena d’una passione finita d’un amore passato Di un tempo che è fermo Nell’attimo eterno D’uno sguardo perso nel vuoto infinito